Per il Parco Dora si attende Napolitano

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Da "IlSole24ore NordOvest" del 8/12/2010:

Il concetto di base, nuovo a Torino, è quello di rileggere lo spazio ex industriale, mantenendo intatte, anche nella loro fisicità, le strutture del passato manifatturiero, ma cambiandone l'uso che gli abitanti ne faranno nel vivere quotidiano. Così i pilastri d'acciaio di 30 metri della Teksid, nell'area ex Vitali, si trasformeranno in un arredo urbano e tracceranno i contorni di una piazza coperta, adatta per concerti e incontri cittadini.

Poco più in là, verso corso Umbria, la torre evaporativa della ex Michelin, vincolata dalla Soprintendenza, sarà restaurata, con la creazione di un percorso di visita all'interno mentre i plinti nell'area Ingest, che sostenevano i nastri di laminazione nei capannoni preesistenti, saranno trasformati in giardino acquatico. Si sviluppa da queste premesse il Parco Dora sulla Spina Tre, un grande polmone verde di 450mila mq, unica opera fra quelle finanziate a Torino (con oltre 65,5 milioni, di cui 36,8 di provenienza statale) in vista dei 150 anni dell'Unità d'Italia. I lavori sono a buon punto: chi passa vicino alla chiesa del Santo Volto, può già immaginare lo sviluppo del verde, laddove un tempo c'erano le Ferriere Fiat e gli stabilimenti Michelin, Savigliano e Paracchi.

L'obiettivo è un'inaugurazione entro la primavera. Il taglio del nastro potrebbe essere tra il 17 e il 19 marzo, quando il presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano, sarà in città. Il progetto è firmato dalla cordata Sts Servizi tecnologie sistemi, con i paesaggisti Latz + Partner e con gli studi Pession e Cappato, Pfarré Light Design, Dario Grua e Ugo Marano: il raggruppamento ha vinto nel 2004 una gara bandita dal Comune. Il compito dell'immensa area verde sarà quello di ricucire le anime di Spina Tre, di aprire alla fruizione delle persone le sponde della Dora, inaccessibile fino a ieri nel tratto cittadino, di rilanciare un territorio compromesso dal punto di vista ambientale.

«Abbiamo cercato di creare –ha spiegato in visita a Torino, qualche tempo fa, Tillmann Latz– un parco unico, che scaturisce dalla sua storia. Per progettare un nuovo spazio, è necessario partire dall'osservazione dei luoghi, talora devastati e inquinati, per individuarne le qualità e rilevare gli strati fonte di preziose informazioni. Il paesaggio non esiste solo fisicamente, ma rappresenta un repertorio di informazioni che l'osservatore combina in modo diverso ogni volta». Se da una parte, Parco Dora rappresenta un'opportunità, è indubbio però che il successo dell'intera riconversione dipenderà dalla capacità del Comune di vigilare, giorno dopo giorno, sull'uso degli spazi, per evitare che diventino una terra di nessuno.

«La percezione degli abitanti –spiega Anna Todros, dottoranda in Pianificazione territoriale dello Iuav di Venezia, che ha sviluppato la sua tesi studiando proprio il caso torinese– è al tempo stesso di attesa e di paura e inquietudine. Da una parte i cittadini hanno difficoltà a capire come si articolerà la nuova grammatica degli spazi e dall'altra temono che, se non sarà ben gestito, il vuoto del parco possa trasformarsi in un elemento di degrado e possa in qualche modo intaccare anche il valore del proprio investimento immobiliare».

M.C.V.